“Cara memoria che te ne sei andata pian piano, prime per le cose poco importanti: come quella volta che ho lasciato bruciare per ore la pentola sul fuoco o come quando ho cercato a lungo le chiavi dell’auto che erano in tasca; ancora quella volta che non mi veniva quel termine banale nel discorso e mi sono bloccata, non riuscendo più a proseguirlo. Pensavo sono solo sciocchezze, per questo le ho dimenticate. Poi però ho cominciato a dimenticare le strade, dove mi trovavo, come quella volta che non sapevo più se svoltare a destra o a sinistra per tornare a casa, di ritorno dal panificio; avevo fatto quel percorso tante volte, ma adesso mi sembrava nuovo, estraneo, sconosciuto ed un lieve terrore mi pervadeva e mi faceva sudare, come quella volta che avevo fatto tardi a scuola, nel giorno del compito in classe di matematica, alle elementari. Mi sentivo tanto disorientata e avrei voluto chiamare mio marito, mio figlio, ma non ricordavo i loro numeri di telefono e non sapevo come fare. Avrei voluto chiedere a tutti quei passanti assorti e concentrati sul loro cellulare, mentre camminavano di fretta, senza accorgersi del mio smarrimento: “puoi vedere dove abito?” . Sapevo in me che sarebbe stata una domanda assurda e sapevo anche che avevano tutti troppo da fare per aiutarmi e fermarsi davanti ad una smemorata, che ha perso persino la strada di casa. Poi però mi sono sentita chiamare: “Signora, sta bene, si è persa?”, qualcuno si era accorto di me, mi aveva scoperta, forse un angelo buono. Riesce a salvarmi quando gli dico come mi chiamo, il nome di mio marito, di mio figlio, non so come, ma ritorno a casa, solo che niente da allora è stato più come prima. Non potevo fingere di stare bene e i miei familiari hanno cominciato a capire che non potevano più contare su di me. Era doloroso, ma ancora riconoscevo la mia casa, all’epoca, il nome di mio figlio, il viso di mio marito. Ancora sapevo che era estate, era caldo e i nostri vestiti erano leggeri; ma non li sceglievo più io, a volte mi vestivano completamente gli altri. A me non è mai piaciuto il nero accostato al blu, qualcuno doveva pur saperlo, ma questa sconosciuta l’altro giorno, mi ha vestita così male che avrei voluto picchiarla, invece ho sorriso e ho dimenticato anche questo. Sapevo che era autunno, lo capivo dalle foglie che cadevano e mi sentivo così anch’io, in parte simile a loro; ma avevo completamente dimenticato il mio compleanno, poi anche quello di mio marito; talvolta dimentico il suo nome, il suo viso, ma lui non deve saperlo, ne soffrirebbe troppo, anche se forse già lo sa, perché l’altra notte l’ho visto piangere come un bambino. Non lo avevo mai visto così, ma era tanto stanco, era notte fonda, io però era convinta fossero le sei del mattino e lui cercava qualcosa che non riusciva a trovare, arrabbiandosi e poi è scoppiato in lacrime e ha trovato quello che cercava, lo ha messo in una tazzina e me l’ha portata. Non era come il caffè al risveglio, quello dolce che mi portava sempre, ma molto più amaro e trasparente, so che poi ho dormito e non l’ho visto mai più piangere dopo allora. Io so che non ha smesso di amarmi, nemmeno io ho smesso e solo che di tante cose che erano così importanti per noi, non mi ricordo più nulla. Delle volte mi sento un peso, ma il suo amore e quello dei miei cari mi alleggerisce e penso che forse non sono poi così una disgrazia per tutti. Penso che finché sarò viva voglio continuare ad amarli, anche se non mi ricordo più nulla di loro, i loro nomi, i gusti, i compleanni, i volti etc; ma voglio dimostrare al mondo, che l’amore e la vita, si servono anche di memoria, ma sono più forti di ogni sua perdita, più forti dell’oblio, più forti dell’Alzheimer, più forti della morte”.

Provando a mettersi nei panni di chi soffre di Alzheimer.

Oggi, martedì 21 Settembre 2022 ricorre la Giornata Mondiale dell’Alzheimer, istituita nel 1994 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’Alzheimer’s Disease International, per ricordare a tutti noi l’importanza di questa patologia, che prende il nome dal medico neurologo tedesco Alois Alzheimer, che per primo agli inizi del 900′ individuò e ne descrisse clinicamente le caratteristiche.

Il morbo di Alzheimer rappresenta circa il 50-80% dei casi di demenza, essendone la forma più comune. Tra i segni e le caratteristiche più comuni ad esso associate:

  • una perdita di memoria tale da sconvolgere la quotidianità.
  • problemi a svolgere operazioni più complesse a risolvere problemi e svolgere varie attività nel quotidiano.
  • Difficoltà a gestire e assolvere impegni famigliari, domestici e lavorativi.
  • Confusione con tempi o luoghi.
  • Difficoltà a capire immagini visive e i rapporti spaziali.
  • Smarrire oggetti e non riuscire a recuperare a livello mentale i passi delle proprie azioni precedenti.
  • Problemi nel parlare e nello scrivere.
  • Difficoltà a valutare criticamente fatti e situazioni, nella capacità di scelta e di giudizio.
  • Perdita di capacità professionali e sociali con conseguente ritiro dal lavoro e vita sociale.
  • Cambiamenti di umore e personalità.

La prima forma di prevenzione è sicuramente una corretta informazione e coscienza del disturbo, in modo da promuovere, sensibilizzare e allertare, sulla utilità di una diagnosi precoce; per intervenire tempestivamente sulla progressione del disturbo e cambiarne in meglio il suo decorso.

Un modo efficace per prevenire l’Alzheimer e la demenza in genere, tutelando la nostra Salute e quella pubblica più in generale, si fonda su uno uso consapevole dell’ empatia, ovvero la capacità di mettersi nei panni dell’altro, così da capire come proteggersi e aiutare chi soffre di questa problematica.

Proviamo a ricordarci oggi dell’Alzheimer,

tutelando la nostra Salute con la prevenzione e quella di chi ne è stato colpito attraverso l’empatia.

Psicologia Life

“Quando il giardino della memoria inizia ad inaridire, si accudiscono le ultime piante e le ultime rose rimaste, con un affetto ancora maggiore.”

Orhan Pamuk