Burnout è un termine inglese , che significa letteralmente “bruciato”, “ logorato”, “fuso”, “cortocircuitato”. Con Job Burnout si esprime con maggiore chiarezza la connotazione e il contesto, nel quale si vive questa terribile esperienza del “bruciare”, ovvero dell’esaurire ogni energia, ogni risorsa, consumandosi, in questo caso nel proprio lavoro e per mezzo di esso.
Come avviene questo processo?
È un fenomeno complesso che si fonda su aspetti intrapsichici, relazionali, culturali e storico-sociali.
La persona è interessata da un processo stressogeno che si sviluppa a partire dal suo contesto di lavoro ed in particolare dalla quantità e qualità delle relazioni interpersonali che vanno ivi caratterizzandosi.
Gli effetti del burnout colpiscono la persona, intesa come individuo, a livello psicofisico, attraverso un progressivo esaurimento delle sue risorse emotive, mentali e fisiche, nonché la sua efficacia lavorativa; pertanto dato che il suo potenziale intellettivo, umano e produttivo è in crisi, al contempo questo si ripercuote negativamente anche sul sistema produttivo del lavoro, in termini di perdita di risorse, di capitale umano, di guadagno.
A livello personale il job burnout si caratterizza come un vero e proprio disagio clinico, i cui comportamenti sintomatici sono:
cinismo, depersonalizzazione, apatia, somatizzazioni, etc, ovvero mediante comportamenti che assolvono ad una funzione di difesa, per fronteggiare in modo disfunzionale, ma anche l’unico modo possibile, quella crisi di risorse avvertita. Tali difese come soluzioni che alimentano il problema, non fanno altro che depauperare, sfinire, ancor di più il soggetto stesso e la qualità della sua performance.
In tal caso l’intero sistema e contesto del lavoro ne viene leso, ma al contempo questi è anche corresponsabile del burnout della singola risorsa umana lesa.
Quali sono i contesti di lavoro e le professioni più colpite da questo fenomeno?
Qualsiasi lavoro e contesto produttivo, che non rispetti bisogni umani necessari, che non valorizzi le sue risorse e potenzialità umane, stimolando competizione e individualismo, piuttosto che prosocialità e cooperazione, può diventare una forte fonte di distress per i singoli che si riverbera nel clima generale, apportando ulteriormente effetti disastrosi a livello del singolo.
Il Job burnout riguarda in modo più specifico le professioni di aiuto e i contesti di cura, laddove vengono sollecitati comportamenti di aiuto, che spesso vanno oltre il proprio carico e i limiti personali, a causa dell’ incontro degli scopi anche nobili insiti nelle mission del contesto di lavoro, con le proprie angosce, complessi, irrisolti personali.
Come fronteggiare gli effetti di queste crisi, come prevenirle?
Tali crisi non sono mai totalmente individuali, riguardano il sistema, il contesto; di fronte ad un problema sistemico, il suo superamento non può che richiedere una soluzione sistemica, sinergica, che tiene conto di tutti i livelli.
Una prospettiva sistemica che considera le relazioni, tra le persone e i contesti,andando oltre una visione individualista, è già di per se una prospettiva di prevenzione in grado di porre soluzioni di volta in volta necessarie nel caso singolo, particolare, eccezionale, senza perdere la visione di insieme.
Necessario tuttavia anche affrontare il disagio che si nasconde dietro un investimento lavorativo senza limiti e spesso anche senza equi riscontri sul piano economico.
In questa fase storica interrogarsi sul senso che il lavoro ha acquisito e va acquisendo nelle nostre vite, al di là del fattore puramente “finanziario” ed economico, è un modo per prevenire ulteriori dissesti, dare significato nuovo alle pause, trovare energie nei ritmi serrati, che non si esauriscano, perché attingenti a una fonte comune. Organizzare il proprio fare in base ai limiti posti e quanto più necessario. Superare il senso di costrizione quanto più una risorsa, per non soccombere alle tante altre crisi che albergano nel nostro potenziale creativo e talvolta e spesso anche distruttivo.