Circondata da un pullulare di donne in attesa e donne già in travaglio…

Con la memoria del cuore ancora accesa, sui riflettori di una sala parto, pregna degli odori, dei colori, dei suoni e dei vagiti della vita nascente, stringo con tenacia al cuore, una creatura, già non più “appena nata”, già mai stata mia, eppure visceralmente sentita parte tutt’uno di me e con me, ora in procinto di muovere i suoi primi passi, presto quasi capace dei primi e fondamentali rudimenti di equilibrio e di separazione.

Al contempo, tra la disperazione di limiti percepiti invalicabili e la serenità di chi sa che ogni crisi evolutiva, per quanto sembri eterna, ha la sua fine e soprattutto il suo fine; cerco di afferrare nel “qui ed ora”, per non smarrirmi in inutili rimpianti e futuri nostalgici rimorsi, gli ultimi anni di una “infanzia”, che vorremmo non finisse mai ed invece….

Ed invece non sappiamo accogliere fin dal principio con amore e con rispetto.

Che non abbiamo saputo abbracciare tutta, nella sua interezza vitale e che spaventati abbiamo cercato e ancora ogni momento cerchiamo, di castrare, piegare, violentare, controllare, eliminare, distruggere, sbarazzarcene e dimenticare troppo presto.

Con gli schiaffi, con le parole offensive, con le urla e anche con le parole volte a spiegarla l’infanzia, ma non a goderla pienamente, a resuscitarla, grazie a quel bambino, a quella bambina, che ce la richiama in vita.

Per poi accorgerci, giorno dopo giorno, che insieme alle regole, abbiamo imparato anche la trasgressione e peggio ancora l’ omertà; che insieme alla obbedienza, abbiamo imparato la sottomissione e la più cieca e cocciuta ribellione; che dalla quietudine forzata, è scaturita non solo noia, ma anche apatia e dalle buone maniere, anche il conformismo…

Che crescendo in intelletto, perdevamo in istinto ed imparando a rispettare i confini del Sé, dell’Altro, nutrivamo anche la paura del rifiuto e perdevamo in spontaneità e tenerezza.

Che con la malizia degli adulti, finiva e talvolta anche periva… il mondo dell’infanzia e le fanciullezze erano già minacciate, di futuri smarrimenti e derive in gioventù bruciate.

Mentre tutti questi pensieri affollano la mente e la tengono in ostaggio anche nel corpo, che riposa vicino a quelli che bambini lo sono ancora e per davvero; cerco pure così, un modo migliore, per pensare, per organizzare, per costruire, il mio spazio, il mio tempo, per ogni cosa e sistemarli davvero questi grandi sacri compagni di viaggio (il tempo e lo spazio), quando non di prigione, per servire anche quelli sacri degli altri.

Cerco intese e sodalizi.

Cerco continuamente lo Spirito Vitale, ciò che chiamo, chiamiamo, Santo.

Cerco di vivere una vita, che lasci il Suo segno di passaggio e di contarne i giorni, per non rimpiangerne nemmeno uno e non è facile. Un po’ di perdite bisognerebbe già metterle in conto… ; ma con l’ottimismo, la presunzione e l’innocenza al contempo, di chi crede di aver visto compiersi già tanti miracoli nella sua vita e nelle vite altrui e ne crede tanti ancora possibili, mi dico che no, non va messa in conto alcuna perdita.

Questa vita va semplicemente vissuta e desiderata, oltre ogni sua insuperabile perdita, oltre gli smarrimenti del presente, oltre ogni suo forte timore.

Penetrando in essa e lasciando fuori ogni inutile distrazione, lasciandosi guidare in Sé, cercando il Senso, per poi proseguire oltre spediti, apparentemente senza coscienza, seguendo e risalendo ancora la corrente che porta verso il mare, con quella fiducia innata, persa, ritrovata, da custodire.

Come sto?

Come ieri, come oggi, come domani forse…

In divenire…

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