La gravidanza è un processo che invita a cedere alla forza invisibile che si nasconde nella vita.

Judy Ford

Durante la gravidanza la donna, anche se non pienamente consapevole del ruolo che l’attende e che ella stessa attende di svolgere pienamente con il suo bambino/a; si ritrova in una condizione preparatoria, non solo della vita che in lei si sta formando, su più livelli, ma anche del suo stesso essere ed esistere mente corpo, attraversati da profondi cambiamenti e trasformazioni, biologiche, ormonali, psicologiche, sociali, relazionali, etc molte delle quali avvengono ad un basso livello di consapevolezza, in modo automatico, involontario ed inconscio. Certo alcuni cambiamenti sono evidenti e ben percettibili, ma molti altri restano in un mistero insondabile e sconosciuto, spesso alla stessa donna che li vive e non di rado li patisce.

La giovinezza appassisce, l’amore viene meno, le foglie dell’amicizia cadono, ma la speranza segreta di una madre sopravvive più a lungo di tutto.

Oliver Wendell Holmes

In questo periodo di attesa, la donna viene naturalmente dotata di capacità, sensibilità e virtù straordinarie che la rafforzano a livello intellettivo emotivo, come l’intuito e l’empatia, che sono dunque specifiche e funzionali al ruolo materno e ai compiti di accudimento che è chiamata ad assolvere.

Al contempo, la grande plasticità che contraddistingue questa fase e le trasformazioni corporeementali ad essa correlate, se da un lato consente questa eccezionale implementazione di qualità e virtù necessarie allo svolgimento del nuovo ruolo femminile; d’altra parte richiede e comporta anche delle “perdite” funzionali, che si rivelano nel venir meno di altre abilità e competenze. Assistiamo infatti ad un rallentamento generalizzato e una maggiore vulnerabilità di molti processi corporei e mentali.

Tra questi ciò che accade all’efficienza cognitiva, meriterebbe una parentesi più approfondita.

Recentemente è stato coniato un nuovo termine e sindrome Baby Brain, per identificare quella condizione transitoria, ma significativa, di parziale perdita nel livello di efficienza cognitiva della donna in gravidanza, in particolare nell’attenzione e nella memoria di lavoro.
Ad affermarlo è uno studio di meta-analisi australiano del 2018, della Deakin University, che confronta i risultati di una ventina di studi riguardanti le difficoltà cognitive delle donne riscontrate durante la gravidanza e li correla ad una riduzione della materia grigia del cervello nelle donne proprio durante il periodo gestazionale.
Altre ricerche, sottolineano piuttosto un calo soggettivo di memoria riferito dalle donne in gravidanza, più evidente nel loro quotidiano e a prove ecologiche della memoria dunque capaci di ricostruire situazioni simili a quelle reali dell’ambiente di vita delle donne; mentre i test di laboratorio, in tal caso test neuro-cognitivi non confermerebbero questa riduzione soggettivamente percepita e riferita.

Altri studi correlano le difficoltà di attenzione e memoria delle donne in gravidanza e nel periodo post partum al calo umorale.

Moltissimi studi associano difficoltà e disturbi cognitivi in gravidanza a specifiche disfunzioni, possibili, più frequenti o proprie di questo periodo, come diabete gestazionale, ipertensione, carenze nutrizionali e molteplici altre problematiche che inficiano l’omeostasi e l’equilibrio dell’organismo anche a livello cerebrale.
Una altra interessante e recente ricerca del 2022, pone diversamente in evidenza il ruolo positivo della plasticità cerebrale in gravidanza, che sembrerebbe addirittura migliorare alcune funzioni di memoria, ad esempio quella associativa e visuo-spaziale, in particolare in relazione a stimoli significativi per la genitorialità.

Questi studi ci invitano a riflettere sui cambiamenti che interessano questa significativa e potente fase evolutiva del ciclo di vita della donna, che non esclude nessun aspetto del suo essere, nemmeno il piano cognitivo cerebrale.

Questi cambiamenti anche quando visti in termini di perdite, limiti o deficit, vanno sempre riformulati alla luce delle nuove conoscenze neuroscientifiche ed in particolare allo specifico ruolo esercitato dalla plasticità cerebrale, che in questo caso si mostra evolutivamente a servizio della genitorialità; ossia del nuovo ruolo che attende di svolgere la donna in gravidanza, ovvero di diventare pienamente mamma. In tal senso, ella ha l’opportunità di riscoprire in sé, nuove potenzialità e risorse specifiche, che le serviranno a svolgere il ruolo più impegnativo della sua vita. L’esigenze di accudimento del futuro nascituro, comportano così una riorganizzazione totale e totalizzante nella vita della donna in attesa. Riorganizzazione delle sue abitudini, nella gestione del suo tempo, della casa, del lavoro, delle relazioni, della famiglia, etc; anche a partire da un radicale cambiamento della sua fisiologia e del suo cervello, a dei livelli che ella stessa non potrebbe immaginare, né controllare. Questi processi di cambiamento per quanto prevalentemente naturali ed involontari, possono essere tuttavia favoriti, anche grazie al ricorso a pratiche cliniche di promozione della salute, oltre che cura del disagio, come la psicoterapia, che può aiutare la donna in attesa, ad accogliere e crescere al meglio, se stessa in tutti i suoi cambiamenti e la nuova vita che verrà.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29320671/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34985388/